34 metri di lunghezza, 16 di larghezza, 17 di altezza, completamente affrescato. Il Salone dei Giganti di Palazzo Bentivoglio è una meraviglia da scoprire anche vuota.
Nella parte alta del salone un lungo fregio ospita 22 allegorie monocrome, alternate a panoplie, che alludono alle virtù, alla magnificenza, alle arti e alla cultura del marchese Enzo Bentivoglio (il fregio è sormontato inoltre da un cornicione a dentelli – anch’esso dipinto – che un tempo fingeva di reggere un soffitto a cassettoni, ora scomparso).
Il secondo registro presenta una serie di 26 telamoni policromi che, seminudi, sorreggono il fregio e cadenzano con la propria presenza le scene della Gerusalemme Liberata, queste ultime incorniciate da finti stucchi e dipinte con monocromie verdi, amaranto, viola e gialle.
Nel terzo registro sono illustrati altri episodi del poema di Torquato Tasso, in parte visibili nei sovrapporta (anticipati da putti in finto stucco che reggono gli stemmi dei Bentivoglio) e in parte nascosti da quattro quadri che avrebbero dovuto ospitare quattro grandi trompe-l’oeil (oggi scomparsi) rappresentanti i fasti della famiglia Bentivoglio. Due quadri dei quattro furono realizzati nel 1628 da Giovanni da San Giovanni (Giovanni Mannozzi), pittore aretino e operante a Roma.
Nel quarto registro, a livello del pavimento, sono affrescate sei finte porte. Contemporaneamente sotto i quattro quadri presenti a livello del terzo registro, emergono otto plinti con statue di imperatori romani (oggi ne rimangono solamente sei).
Il salone fu affrescato da Pier Francesco Battistelli, pittore ferrarese, con i suoi collaboratori. La struttura decorativa risente delle influenze della scuola dei Carracci e del Guercino (di quest’ultimo Battistelli era stato stretto collaboratore in gioventù).